Igiene e cura personale nel Seicento
Nel Medioevo la popolazione si lavava in bagni pubblici, eredità delle antiche terme romane, uomini e donne si lavavano tutti assieme e la cosa non andava bene alla Chiesa.
All’inizio del Cinquecento, si riteneva anche che i bagni pubblici fossero un veicolo di trasmissione delle malattie, così vennero chiusi dando il via a due secoli di sporcizia e malattie per mancanza di igiene.
Nel Seicento, i medici pensavano che le malattie entrassero nel corpo umano attraverso i pori della pelle dilatati dall’acqua.
Luigi XIV si fece solo un paio di bagni in vita sua, e trovò questa cosa molto sgradevole; Elisabetta I si lavava una volta al mese, infatti la regina era considerata un’igienista. I cortigiani del Re Sole, per quanto orrore avevano per l’acqua, si rifiutarono persino di indossare capi lavati e gettavano le camicie dopo averle usate!
I nobili e i ricchi credevano di poter mantenersi puliti cospargendo il corpo di profumi o polveri. La polvere più famosa è la cipria, che prende il nome da Cipro.
Nel Cinquecento infatti, avvenne la Rivoluzione del profumo, si passò dagli “unguenti”, creme a base di grasso, al profumo a base alcolica e questa trasformazione rese il profumo spruzzabile e, per conservarlo, iniziarono a utilizzare i flaconi di vetro. Dal quel momento il profumo si usò anche per l’ambiente.
Tra Cinquecento e Seicento cominciò ad andare di moda i capelli schiariti, di colore biondo-rossiccio. Le signore si schiarivano i capelli con semplici decotti di erbe, ma dopo un po’ usarono ingredienti sempre più disgustosi: si usava sangue di tartaruga e guano di piccione. Una volta tinti, i capelli venivano asciugati al sole. Da questo deriva l’espressione “colpi di sole” utilizzata nei saloni dei parrucchieri di oggi.
Fortunatamente, l’igiene personale è decisamente migliorato. La cura di se stessi è diventata una priorità.
Giulia e Martina II A