“La mia testimonianza è un impegno morale e civile”: gli alunni dell’E.Medi incontrano EDITH BRUCK
In occasione della Giornata della memoria, la nostra scuola si è collegata in video-conferenza con Edith Bruck, una sopravvissuta ai campi di concentramento.
Edith Bruck è nata il 3 maggio 1931 in Ungheria e quando è stata portata ad Auschwitz aveva tredici anni.
La superstite ci ha raccontato che un giorno i fascisti l’hanno portata via di casa insieme alla madre e alla sorella più grande, le hanno fatte salire su un treno per il bestiame e le hanno condotte ad Auschwitz. La sua mamma, durante il tragitto, durato quattro giorni, aveva pianto continuamente perché il giorno prima una vicina le aveva regalato un po’ di farina e lei aveva fatto tre pagnotte da mangiare l’indomani.
Ma i fascisti non le avevano lasciato il tempo di prenderle e per loro, che erano povere, era un grande spreco di cibo, era Il pane perduto. Arrivati ad Auschwitz, i tedeschi li hanno divisi in due file: una a destra e una a sinistra; la sinistra significava la morte, la destra i lavori forzati.
La prima delle cinque “luci”, come chiama lei gli eventi che le diedero speranza durante la sua prigionia, fu quando un soldato le disse di andare a destra ma lei non voleva separarsi da sua madre e si mise a piangere. Il soldato a quel punto le intimò di andare a destra e alla fine la colpì con il calcio del fucile separandola dalla madre, ma così non finì nelle camere a gas come tutti quelli che erano a sinistra.
La seconda luce fu quando un cuoco le chiese come si chiamava e lei non sapeva cosa rispondere perché nel campo i loro nomi erano dei numeri e lei era l’ 11152 e sua sorella l’11151, però le regalò un pettinino da uomo perché gli ricordava sua figlia.
La terza luce fu quando un soldato le batté addosso la sua gavetta ordinandole di lavarla ma sul fondo c’era della marmellata. La quarta luce fu quando un soldato le donò un guanto bucato e la quinta a cui fa riferimento risale alla volta in cui un altro soldato la salvò dalla marcia della morte.
Nei dormitori del campo, i prigionieri dormivano anche vicino alle persone già morte e il loro unico desiderio era che le portassero via al più presto perché i cadaveri erano freddi e maleodoranti. Il suo ricordo più brutto è quando aveva visto i soldati giocare a palla con la testa di un bambino.
I lavori forzati consistevano nello scavare trincee o trasportare le pesanti traversine della ferrovia. Quando lei e la sorella tornarono a casa, non furono né ben accolte né ascoltate e nessuno voleva sentire quello che avevano passato.
Per questo Edith ha cominciato a scrivere.
Il suo trauma non si supera, ci si convive; questo brutto ricordo vive con lei. Nel campo di concentramento ha imparato il male, ha capito di cosa è capace di fare un uomo con un altro uomo. L’ unica volta che ha pianto è stata quando una soldatessa le ha detto che sua madre era stata trasformata in sapone nei forni crematori.
Le nostre riflessioni dopo l’incontro
Mi ha colpito cosa è capace di fare l’uomo contro un innocente, l’odio che può provare. Edith ha messo una goccia di bene in un mare di odio, è riuscita a passarci sopra per quanto sia difficile.
Rebecca
Mi è dispiaciuto moltissimo per lei e per quelle persone che furono deportate nei campi di concentramento, cioè portate dalla felicità alla tristezza e alla paura che potevano morire da un momento all’altro.
Aurora
Mi ha colpito quanto odio può esserci nel mondo. Bisogna accettare gli altri per quello che sono e non isolarli e maltrattarli perché sono diversi da noi.
Elisa
Mi ha colpito la parte in cui Edith ci ha raccontato che sua madre era stata trasformata in saponetta e quando aveva visto due soldati che giocavano a passarsi la testa di un bambino. Ma quello che mi ha sorpreso più di tutti è che Edith Bruck sia riuscita a sopravvivere offrendo ancora la sua preziosa testimonianza a noi giovani, cosicché possiamo conoscere e non permettere che si ripeta mai più quello che è stato.
Lucia
Elisa, Rebecca, Aurora, Lucia, I A