La storia di Ernesto l’elfo

Ernesto l’elfo era diverso dagli altri. Mentre gli altri elfi cantavano allegri canzoncine di Natale, Ernesto borbottava. Non perché odiasse il Natale, intendiamoci. Gli piacevano i biscotti allo zenzero, le lucine e persino il magico odore di pino. Ma c’era una cosa che detestava: lavorare la notte di Natale.

“Perché tocca sempre a noi fare tutto il lavoro sporco?” sbuffava Ernesto mentre preparava un trenino di legno. “Babbo Natale si prende tutto il merito. ‘Grazie Babbo Natale! Oh, Babbo Natale, sei fantastico!’ Mai che qualcuno dicesse: ‘Grazie Ernesto per il bellissimo trenino.’”

Gli altri elfi lo ignoravano. Ernesto era sempre stato il guastafeste del gruppo. Ma quella notte, decise che ne aveva abbastanza.

“Quest’anno non ci casco. Non lavorerò nemmeno un minuto extra!” annunciò fiero, gettando il suo cappello da elfo sul banco. Gli altri risero, pensando fosse uno scherzo. Ma Ernesto faceva sul serio.

Quando la slitta fu caricata, Ernesto si nascose in un angolo dell’officina, incrociando le braccia. “Vediamo come se la cavano senza di me!”

Babbo Natale fece il suo classico “Oh, oh, oh!” e partì con la slitta. Gli altri elfi tornarono al lavoro, riordinando l’officina. Ernesto si mise comodo, deciso a godersi una serata di relax. Aveva addirittura un paio di calzettoni caldi e una tazza di cioccolata calda per celebrare il suo “sciopero”.

Ma poi accadde qualcosa di inaspettato. Una sfera di cristallo sul tavolo cominciò a brillare. Era il monitor magico che mostrava i bambini che aprivano i regali. Ernesto, annoiato, buttò un’occhiata distratta.

Un bambino aprì un pacchetto e gridò: “Un trenino! È quello che volevo da tutta la vita!” Ernesto riconobbe subito il suo lavoro: le rotelle perfette, i dettagli dipinti a mano. Il bambino saltava per la gioia, e la mamma gli diede un grande abbraccio.

“Che bel lavoro hai fatto, Babbo Natale!” disse la mamma.

Ernesto s’irrigidì. “Babbo Natale? Quel trenino l’ho fatto io!” Ma poi vide il sorriso del bambino e qualcosa dentro di lui si sciolse. Continuò a guardare il monitor, dove altri bambini aprivano regali che lui aveva contribuito a creare: bambole, giochi, perfino un piccolo set di cucina.

Alla fine della notte, Ernesto sospirò. “Va bene, Babbo Natale. Prenditi pure il merito. Ma devo ammettere che vedere quei sorrisi vale tutta la fatica.”

Quando Babbo Natale tornò con la slitta vuota, Ernesto si avvicinò a lui. “L’anno prossimo… magari mi prendo una pausa più breve,” disse, allungandogli una tazza di cioccolata calda.

Babbo Natale sorrise. “Lo sapevo che avevi il cuore grande, Ernesto.”

Da quel giorno, Ernesto non smise di borbottare – sarebbe stato chiedere troppo – ma lavorava con un po’ più di entusiasmo. Perché anche se non riceveva il merito, sapere di aver reso felici quei bambini valeva più di qualsiasi riconoscimento.

E così Ernesto tornò a essere l’elfo un po’ scorbutico di sempre … ma con il cuore un po’ più leggero.

Articoli simili