Il fascino del monastero medievale

Un monastero medievale era una comunità di monaci guidata da un abate che era il capo del monastero da lui fondato. I monasteri cristiani si svilupparono inizialmente nel IV secolo in Egitto ed in Siria.

Ogni monastero seguiva la propria regola. Una di queste è la regola benedettina, in latino denominata Regula monachorum o Sancta Regula, dettata da San Benedetto da Norcia, fondatore del Monastero di Montecassino nel 529.

La regola benedettina diceva che i monaci dovevano svolgere le proprie attività prevalentemente in silenzio, indossare indumenti semplici e grezzi e rinunciare a tutte le proprietà personali ad eccezione degli oggetti più basilari.

La giornata di un monaco benedettino

La giornata di un monaco benedettino, ben sintetizzata nella formula Ora et labora, cominciava alle due di notte: i monaci uscivano dai dormitori e si recavano nel coro, la parte della chiesa riservata alla preghiera che avveniva sotto forma di canto.

Alle quattro, dopo un’ora di riposo, il monaco benedettino ritornava in chiesa per cantare di nuovo. Al canto del gallo, dopo un’altra ora di riposo, i monaci si dividevano secondo le loro mansioni: alcuni si recavano nei campi a lavorare la terra, altri nelle stalle, altri si occupavano di falegnameria, altri ancora andavano a cucinare o a fare riparazioni. C’erano anche gli erboristi che preparavano medicine nella farmacia, di cui ogni monastero era dotato.

I monaci detti amanuensi, invece, si chiudevano nello scrittorio dove copiavano a mano testi sacri e libri antichi. Tra i monaci benedettini c’erano anche abili miniatori, cioè autori di illustrazioni a base di minio (un colore rosso) per decorare i codici di pergamena.

Verso le ore13 la campanella annunciava il pranzo, a base di verdura, pane, frutta, a volte pesce; la carne era proibita. Si mangiava nel refettorio mentre uno dei monaci leggeva testi sacri.
Dopo il pranzo i monaci riposavano passeggiando nel chiostro. Quindi passavano altre ore a lavoro fino al vespro, la preghiera serale.

Seguivano una cena frugale. Ciascun monaco benedettino si ritirava allora a riposare su giacigli di paglia, ma alle dieci di sera si svegliava per recitare il notturno.

Ogni monaco doveva piena obbedienza all’abate. Una regola ferrea imponeva il silenzio e ben raramente ai monaci veniva permesso di scambiare qualche parola.

La miniatura e il libro di Kells

Nei monasteri si sviluppò l’arte della miniatura, cioè l’arte di dipingere in piccole proporzioni e in spazi ristretti. Gli artisti di questo genere pittorico venivano chiamati miniatori.

Il Libro di Kells è un codice miniato dei quattro Vangeli del Nuovo Testamento realizzato da monaci irlandesi intorno all’anno 800. L’opera, grazie alla bellezza delle miniature in essa contenute, è comunemente ritenuto il più eccezionale codice miniato di sempre.

Il libro misura 33,02 per 25,4 centimetri. É composto da 340 fogli di pergamena di vitello, noti come “fogli di vellum”. Il testo è scritto in latino ed è arricchito da elaborate iniziali decorate e dettagliate illustrazioni che combinano motivi cristiani con l’arte celtica: figure umane, animali e creature mitologiche, assieme a intrecci e nodi tipici della cultura celtica. Una delle miniature più celebri è quella di Cristo in trono, ricca di colori e decorazioni.

Gli storici non sono ancora giunti ad un accordo sul luogo in cui fu creato ma la maggior parte degli studiosi pensa che abbia un’origine irlandese. In esso sono riportati per intero i Vangeli di Matteo, Marco e Luca ed in parte il Vangelo di Giovanni. In origine il codice era rilegato da una copertina in oro, in cui erano incastonate pietre preziose, andata perduta nel 1007. Il libro fu scritto da tre anonimi copisti, che gli studiosi odierni identificano con i nomi di Mano A, Mano B e Mano C.

Attualmente, il Libro di Kells è conservato presso la Biblioteca del Trinity College di Dublino. Per evitare che si rovini, ogni tanto viene girata la pagina da far vedere al pubblico.

Aurora, Lucia, Elisa, Rebecca – classe 1A

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