IL BORGO TRA REALTA’ E INTROSPEZIONE

Natura e Paesaggio in Leopardi

Seminario Nazionale di Didattica Leopardiana
I.C. «E. Medi» di Porto Recanati - Classi terze Secondaria a.s.  2021/22

Il nostro "Sabato del villaggio"

Sabato 26 marzo 2022, giornata del FAI di primavera, noi ragazzi delle classi terze dell’Istituto Comprensivo “E. Medi”, accompagnati da due docenti, ci siamo incontrati presso Casa Leopardi.
La nostra prima tappa è stata l’Orto sul Colle dell’Infinito, appartenente ai Leopardi e un tempo gestito da un antico monastero. Il poeta nel 1819 ci ambientò L’Infinito, poesia che rientra nel gruppo dei Piccoli Idilli, composizioni che esprimono situazioni e sensazioni del suo animo, dove la natura è ancora buona, anche se non sempre.

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude (…)


La passeggiata in questo luogo meraviglioso ci ha trasmesso emozioni e sensazioni che sono diventate lo spunto per testi descrittivi e riflessivi.

Interminati spazi, sovrumani silenzi, un mondo migliore

Sto entrando nell’Orto sul Colle dell’Infinito. Mi accoglie un cartello appeso al cancello d’entrata: «Silenzio». Lo prendo come un invito a non parlare per riuscire meglio ad ascoltare, sentire, vedere, pensare.
L’aria è fresca, si muove appena in certi punti. Sembra portare con sé il profumo della primavera: timo, nepeta, rosmarino, gelsomino, margherite, ulivi… emanano un odore delicato. Le foglie, l’erba e i tronchi marroni che si preparano a germogliare, la ghiaia e la terra coltivata, si fanno riconoscere con il loro caratteristico odore che mi ricorda gli spazi aperti delle nostre colline. I fiori colorano il paesaggio un po’ ovunque: bianco, rosa, ma soprattutto giallo. Delle strutture di ferro ad arco si susseguono formando dei percorsi, in estate forse saranno ricoperti da rampicanti che con la loro ombra ripareranno dal caldo. Per ora, con il loro ritmico ripetersi, sembrano ricordarci lo scorrere del tempo in eterno, tema così caro a Leopardi.
Giungo davanti ad un muro di recinzione, una volta sicuramente era costeggiato da una siepe, proprio quella che limitava la visuale al poeta. Appoggio le mani sul bordo del muro scurito dal tempo con un senso di rispetto e meraviglia perché proprio questo panorama, da questa precisa angolazione, è stato una così grande fonte di ispirazione. Si apre davanti a me un cielo sconfinato con leggere nuvole bianche. L’orizzonte non è nitido: una leggera foschia lo colora di azzurro e sfuma i contorni delle colline facendole sembrare un mare […]» (Alessio)

Mobirise

Ci siamo poi recati presso Palazzo Venieri, fatto costruire nella seconda metà del XV secolo dal recanatese Cardinale Venieri, dal disegno dell’architetto Giuliano da Majano del 1473. La facciata e l’interno furono completamente ristrutturati nel 1729 dall’architetto Pietro Augustoni dopo l’acquisto del palazzo da parte della famiglia Carradori. Nell’800 furono decorate le stanze da Moretti Francesco Saverio. Intorno al 1930 il Palazzo venne acquistato dal Comune di Recanati. Dell’antica costruzione rimane il peristilio: i capitelli delle colonne recano gli stemmi delle famiglie che possedettero il palazzo, un arco balcone si affaccia sulla costa adriatica ed è sormontato da un orologio con la scritta “Volat irreparabile tempus”.
Di fronte al Palazzo abbiamo visitato i giardini “Beniamino Gigli”, inizialmente appartenenti al palazzo e collegati ad esso da una galleria sotterranea, poi divenuti pubblici ed inaugurati nel 1936.  

Mobirise
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In diversi punti della città si può accedere attraverso le antiche porte sormontate da archi monumentali.
Siamo infine arrivati in Piazza Giacomo Leopardi. Al centro della Piazza si trova il monumento del Poeta e su un lato svetta la Torre del Borgo eretta nel 1160 come simbolo della Città, dopo l’unione dei tre Castelli presenti sul colle recanatese. Bellissimo il Palazzo Comunale che presenta due ali laterali avanzate.

In giro per il borgo

Sabato 26 Marzo 2022, insieme ai nostri compagni e ai docenti, siamo stati a spasso per il borgo di Recanati e abbiamo vissuto il nostro “Sabato del Villaggio”.
E’ stata una giornata soleggiata nella quale abbiamo potuto vedere i paesani che trascorrevano il sabato per le vie ed ammirare quel paesaggio che ha tanto ispirato Leopardi nelle sue poesie.
Ci siamo incontrati davanti a Casa Leopardi, nella piazzetta chiamata del Sabato del villaggio e dopo aver visitato il Centro Studi leopardiani, accompagnati dalle guide del Fai, siamo entrati nell’Orto dell’Infinito. Si poteva sentire l’odore della vegetazione proveniente dalle piante che ci hanno portato alla mente i ricordi sereni, il clima ventoso, tipico dell’ambiente collinare, ci ha donato un senso di leggerezza.
Il cinguettio degli uccellini e le voci della gente ci hanno accompagnato per tutta la passeggiata. Usciti, ci siamo incamminati per le vie del paese dove abbiamo osservato attentamente il borgo e scattato tante foto.
La gente era molta: c’erano bambini che correvano per le vie giocando, persone che passeggiavano, scattavano foto (probabilmente turisti come noi), altre che erano sedute intorno ai tavoli per mangiare o che si aggiravano nei numerosi negozi per acquistare qualche souvenir.
Per le vie del borgo le case in mattoncini sono molto antiche e sono stati affissi versi delle poesie più famose del poeta che accompagnano i turisti nella passeggiata verso la Piazza principale. Inoltre, fiori dai colori variegati e piante verdi abbelliscono il Borgo.
Dal Colle dell’Infinito abbiamo potuto osservare un paesaggio collinare dove si estendevano larghi campi coltivati e colorati dal verde al giallo nelle loro diverse sfumature e intensità.
Per le vie erano presenti numerosi manifesti di eventi che richiamavano il grande Leopardi e in piazza abbiamo visto una grande statua che raffigura il poeta, scolpita secondo i canoni classici, la capigliatura è movimentata e lo sguardo è serio.
Oltre a questo abbiamo potuto osservare altri edifici come il “Teatro G. Persiani” e Palazzo Venieri con i suoi meravigliosi giardini, accompagnati dalle guide del Fai. (Christian e Maia) 

Mobirise
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Il borgo tra realtà e introspezione

Leopardi adolescente vede Recanati come il "natio borgo selvaggio", ma Leopardi poeta alza lo sguardo ai "Monti Azzurri", i suoi occhi abbracciano la campagna fino al mare, di notte osserva la luna che "posa queta sovra i tetti e in mezzo agli orti" e non può non udire il lieto mormorio della gioventù che, nei giorni di festa, "per le vie si spande e in cor s'allegra". Questo paesaggio umano e naturale gli appartiene profondamente, tanto che lo descrive con suoni dolci e immagini serene, così come gli appare nella realtà.
Possiamo dire che il paesaggio diventa pietra di paragone del suo animo, dei suoi sentimenti e dei pensieri più profondi. Anche gli animali fanno parte del paesaggio e anche a loro, presenti tanto nella campagna che nel borgo, il poeta rivolge il suo sguardo attento e benevolo, diventando spunto per le sue riflessioni e le sue considerazioni sul senso della vita. Nelle sue poesie Leopardi guarda dentro se stesso, pone i suoi interrogativi, esprime il suo dolore e il paesaggio diventa uno specchio: la vita del borgo rivela, per analogia o per contrasto, il suo stato d'animo e le sue convinzioni più profonde.
Recentemente, insieme ai miei compagni e agli insegnanti, ho visitato Recanati, per vivere direttamente ciò che Leopardi ammirava e che lo ha ispirato nelle sue poesie. Vedendo le vie soleggiate e il cielo e la campagna sereni ho sentito nascere in me quell'allegria suscitata da un pericolo scampato, come espresso da Leopardi ne "La quiete dopo la tempesta». Sembra che Leopardi dipinga un quadro: l'azzurro del cielo irrompe da ovest, dalle montagne, tutta la campagna si rischiara sotto i raggi del sole che ritorna e pare che "sorrida", anche il fiume ora scorre "chiaro" e luminoso, mentre nel borgo si odono i richiami gioiosi degli uccelli. Gli animali da cortile tornano all'aperto, così come le persone, che si affacciano sulla via, magari cantando con "l'opra in mano" come l'artigiano; tutti riprendono con serenità il lavoro consueto e si odono di nuovo i segni della vita che rinasce: l'ortolano rinnova "il grido giornaliero" per le vie, le ragazze si affrettano a raccogliere l'acqua della pioggia appena caduta e il carrettiere riprende il suo cammino, come lascia intendere il "tintinnio di sonagli".
Certo "si rallegra ogni core", ma alla descrizione del paesaggio naturale ed umano fa seguito la seconda parte della Canzone, composta da due strofe in cui Leopardi si interroga sulle cause di questa gioia e trova una chiara quanto dolorosa risposta: la gioia che ognuno sente è solo la conseguenza del fatto che ciascuno ha temuto per la propria vita e i propri beni, dunque è solo una gioia vana, da qui la lapidaria sentenza: "Piacer figlio d'affanno", che si approfondisce con ulteriori riflessioni sempre più amare. Infatti nell'ultima strofa si rivolge alla Natura in tono fortemente ironico: "O natura cortese" e sottolinea che per gli uomini sfuggire alla sofferenza è ragione di piacere, per cui si può considerare un gran guadagno quando per caso capita di liberarsi di un dolore o di una preoccupazione. Seguendo questo pensiero con rigore di logica Leopardi conclude la poesia con parole durissime: se la gioia è legata alla fine di un dolore, è evidente che la morte ti "risana" da ogni sofferenza, per cui diventa cosa gradita. Il poeta giunge così ad esprimere il suo pessimismo più assoluto, chiudendo con l'immagine della morte una poesia aperta con l'immagine della rinascita. Dunque la Canzone si può considerare uno degli esempi più belli e profondi del legame indissolubile tra paesaggio e introspezione nella poesia leopardiana. (Elia e Taha) 

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