IL BORGO TRA REALTA’ E INTROSPEZIONE

Natura e Paesaggio in Leopardi

Seminario Nazionale di Didattica Leopardiana
I.C. «E. Medi» di Porto Recanati - Classi terze Secondaria a.s.  2021/22

La quiete dopo la tempesta

Passata è la tempesta:
Odo augelli far festa, e la gallina,
Tornata in su la via,
Che ripete il suo verso. Ecco il sereno
Rompe là da ponente, alla montagna;
Sgombrasi la campagna,
E chiaro nella valle il fiume appare.
Ogni cor si rallegra, in ogni lato
Risorge il romorio
Torna il lavoro usato.
L’artigiano a mirar l’umido cielo,
Con l’opra in man, cantando,
Fassi in su l’uscio; a prova
Vien fuor la femminetta a còr dell’acqua
Della novella piova;
E l’erbaiuol rinnova
Di sentiero in sentiero
Il grido giornaliero.
Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride
Per li poggi e le ville. Apre i balconi,
Apre terrazzi e logge la famiglia:
E, dalla via corrente, odi lontano
Tintinnio di sonagli; il carro stride
Del passegger che il suo cammin ripiglia.
Si rallegra ogni core.
Sì dolce, sì gradita
Quand’è, com’or, la vita?
Quando con tanto amore
L’uomo a’ suoi studi intende?
O torna all’opre? o cosa nova imprende?
Quando de’ mali suoi men si ricorda?
Piacer figlio d’affanno;
Gioia vana, ch’è frutto
Del passato timore, onde si scosse
E paventò la morte
Chi la vita abborria;
Onde in lungo tormento,
Fredde, tacite, smorte,
Sudàr le genti e palpitàr, vedendo
Mossi alle nostre offese
Folgori, nembi e vento.
O natura cortese,
Son questi i doni tuoi,
Questi i diletti sono
Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
E’ diletto fra noi.
Pene tu spargi a larga mano; il duolo
Spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto
Che per mostro e miracolo talvolta
Nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana
Prole cara agli eterni! assai felice
Se respirar ti lice
D’alcun dolor: beata
Se te d’ogni dolor morte risana.

Analisi

Anche questa poesia si può dividere in due parti.
La prima parte è descrittiva: il poeta descrive il paesaggio di Recanati dopo il temporale: il senso di liberazione e di gioia che si diffonde nel borgo e la ripresa della vita e delle attività quotidiane, dopo lo spavento del temporale.
La seconda parte ha carattere riflessivo e filosofico: Leopardi medita sul piacere (la felicità) come qualcosa che non esiste in sé e per sé, ma è «figlio d’affanno»: la felicità è intesa come la sensazione di sollievo che si prova dopo la cessazione del dolore.  

Il Paesaggio

Nella prima strofa il poeta descrive il paesaggio di Recanati dopo un temporale: gli animali escono all’aperto emettendo i loro versi, (gli uccelli fanno festa con il loro canto, la gallina ritorna sulla via a ripetere il suo verso), il cielo e la campagna si rasserenano, mentre il fiume scorre luminoso nella valle. Gli abitanti del borgo, come l’artigiano e il fruttivendolo, ritornano allegri alle proprie attività. Intanto il sole ritorna a illuminare le colline e le abitazioni, che vengono riaperte dalle servitù, mentre sulla via principale si sente il suono dei carri e dei sonagli. 

Riflessioni

  • Leopardi attraverso la poesia: “La quiete dopo la tempesta” ci dice che la felicità che la natura decide di concedere all’uomo è quella del piacere inteso come “figlio d’affanno”. Quindi, si può essere felici solo dopo aver vissuto il peggio, dopo la tempesta. Secondo me, quello che dice il poeta è vero, certamente noi riusciamo ad apprezzare la normalità solo quando abbiamo vissuto la nostra tempesta perché, se durante la nostra vita trascorressimo sempre momenti sereni e felici, non ce ne renderemmo nemmeno conto. Tuttavia, credo che la felicità non sia solo questo, per ognuno di noi è qualcosa di diverso e perciò è quasi impossibile darne una definizione. Quello che dice il poeta per me è solo una piccola parte di come può essere vista la felicità. Nella vita di tutti noi c’è stato o ci sarà un momento di tempesta, dei problemi che ci fanno capire quanto stavamo bene, quanto eravamo sereni nella nostra normalità. Uno di questi momenti comune a tutti noi, credo possa essere il lockdown totale avvenuto nel 2020 a causa del Covid. Ritengo che quel periodo per noi ragazzi sia stata la maggior tempesta che ci si potesse mai immaginare di vivere.
  • Ci siamo ritrovati costretti dentro le nostre case, senza poter più fare nulla, privati di tutto quello che si potesse pensare ci rendesse felici: non si poteva più né fare sport, né uscire per una passeggiata con gli amici o con i genitori, non si poteva nemmeno andare a scuola. Per due mesi siamo stati privati del nostro diritto più importante e fondamentale che è la libertà. La cosa peggiore vissuta in quel momento è proprio quella del non poter fare nulla, della paura della morte, ogni giorno sempre di più, visto che allora sembrava come un’ombra che, senza spiegazioni, portava via tante persone. L’essere impotenti rendeva quel periodo ancora più pauroso. Proprio come dice il poeta nella poesia: “Piacer figlio d’affanno; gioia vana; ch’è frutto del passato timore(…)”, noi ora ci sentiamo felici per quanto riguarda le nostre libertà perché sappiamo quello che vuol dire esserne privati. La felicità di questo momento è solo un’illusione causata dalla paura vissuta. Infatti, ci sembra di vivere molto meglio di prima, ma in realtà noi viviamo semplicemente come prima, anzi forse peggio, visto che il periodo non si può ritenere completamente concluso. Secondo me possiamo provare a trovare la felicità nelle piccole cose e nei momenti come questo che stiamo vivendo, ma anche nella speranza in un futuro migliore. (Diletta)

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