Seminario Nazionale di Didattica Leopardiana
I.C. «E. Medi» di Porto Recanati - Classi terze Secondaria a.s. 2021/22
L'infanzia e i primi studi
Giacomo Leopardi nasce il 29 giugno 1798 a Recanati. Il padre, il conte Monaldo, è un uomo colto e interessato all’istruzione dei figli, ma severo e conservatore, mentre la madre, la marchesa Adelaide Antici, è una donna fredda e distaccata.
Dopo aver ricevuto l’educazione di base da alcuni maestri privati, Leopardi approfondisce gli studi in autonomia nella ricchissima biblioteca del padre: in sette anni di «studio matto e disperatissimo» acquisisce una cultura vastissima, imparando anche le lingue antiche (greco, latino, ebraico).
Dall’erudizione al bello, al vero
Tra il 1815 al 1816 avviene quella che lo stesso Leopardi definisce «conversione letteraria»: abbandona gli studi eruditi e si appassiona alla letteratura, iniziando a comporre lui stesso le prime poesie. Stringe inoltre amicizia con Pietro Giordani, un famoso intellettuale dell’epoca, con il quale avvia una fitta corrispondenza.
Leopardi diventa sempre più insofferente nei confronti di Recanati, considerando la cittadina troppo chiusa e provinciale. Per questo, nel 1819 tenta di scappare di casa, ma il suo piano fallisce. Entra così in un periodo di profonda crisi, durante il quale avviene il passaggio dal bello al vero, cioè dall’amore per la letteratura all’interesse per la riflessione filosofica. Compone in questo periodo alcune delle poesia più famose, I Piccoli Idilli (1819-1821), tra cui L’Infinito.
Gli spostamenti in diverse città e gli ultimi anni
Nel 1822 ottiene dal padre il permesso di andare a Roma, ospite di uno zio: tuttavia, l’ambiente culturale della città lo delude profondamente. Decide, quindi, di tornare a Recanati, dove scrive le Operette morali, il suo capolavoro in prosa. Soggiornerà poi a Milano, Bologna, Firenze e Pisa, ma le sue condizioni di salute peggiorano e lo costringono a tornare a Recanati. Si reca poi nuovamente a Firenze, dove si innamora, non ricambiato, della nobildonna Fanny Targioni Tozzetti.
Trascorre gli ultimi anni di vita a Napoli, ospite dell’amico Antonio Ranieri; muore a Torre del Greco, in una villa alle pendici del Vesuvio nel 1837.
Durante la sua giovinezza Leopardi pensava che la sua vita fosse triste, ma che fuori dalle mura del suo palazzo e del borgo di Recanati ci fosse un mondo più grande, dove si poteva essere felici.
A poco a poco, però, si convinse che la felicità non era possibile, almeno non nella sua epoca: le troppe conoscenze dell’uomo non lasciano spazio alle illusioni, che invece rendevano felici gli uomini antichi. Si tratta quindi di un pessimismo storico.
Con il tempo anche questa idea svanì e Leopardi passò dal pessimismo storico a quello cosmico, affermando che tutti gli uomini di tutte le epoche sono sempre stati infelici, a causa della Natura, che suscita nell’uomo speranze e illusioni destinate ad essere deluse. L’infelicità nasce dunque dal desiderio di felicità che è in noi e dall’impossibilità di conseguirla.
La maggior parte della produzione letteraria di Leopardi è costituita da poesie. Tra il 1818 e il 1830 compone i Canti, che comprendono i Piccoli Idilli (1819-1821) e i Grandi idilli (1828-1830), e tra il 1833 e il 1835 il Ciclo di Aspasia, dedicato a Fanny Targioni Tozzetti. La sua ultima opera in versi è il poema La ginestra (1836).
Il più importante testo in prosa è costituito dalle Operette morali, dialoghi scritti tra il 1824 e il 1827, nei quali il poeta espone la propria concezione della vita e dell’uomo.
Per comprendere l’evoluzione del pensiero di Leopardi è fondamentale lo Zibaldone, una sorta di diario che abbraccia il periodo tra il 1817 e il 1832, a cui il poeta affida appunti e riflessioni su argomenti personali, letterari e politici.
Nella letteratura antica con «idillio» si intendeva un genere poetico d’ambientazione agreste. Leopardi riprende questo genere poetico tradizionale per reinterpretarlo in modo originale.
È lui stesso a dichiarare che i suoi idilli descrivono «situazioni, affezioni, avventure storiche» del suo animo, sottolineando con ciò che in essi prevale l’aspetto soggettivo e interiore.
Il paesaggio naturale che accomuna tutti gli Idilli è solo lo sfondo sul quale il poeta proietta una sua esperienza interiore.