L'Antropocene: una sfida per la letteratura.
Folletto Oh sei tu, figlio di Sabazio? Dove vai?
Gnomo Mio padre mi manda a cercar di capire che cosa stiano architettando quei furfanti degli uomini. È preoccupato perché da qualche tempo non ci molestano, e in tutto il suo regno non se ne vede uno. Teme che stiano preparando qualcosa di grosso contro di lui. A meno che non sia tornato in uso il mercanteggiare con pecore, anziché con oro e argento […].
Folletto Voi gli aspettate Invan: son tutti morti, diceva il finale di una tragedia dove morivano tutti i personaggi.
Gnomo Che intendi dire?
Folletto Voglio dire che gli uomini sono tutti morti, e che la loro razza si è estinta.
Gnomo Ma è un fatto straordinario, da prima pagina dei quotidiani! Eppure non ne parlano.
Folletto Sciocco, non pensi che ora, scomparsi gli uomini, non vi sono più giornali?
Gnomo Hai ragione! Ma ora come faremo a conoscere le novità del mondo?
Folletto Quali novità? Che il sole si è levato o è tramontato, che fa caldo o freddo, che qua o là è piovuto o nevicato o ha tirato vento? […]
Gnomo Ma non si saprà neppure che giorno del mese è, perché non si stamperanno i calendari.
Folletto Non sarà un gran male, dato che la luna non sbaglierà certo strada per questo.
Gnomo Ma i giorni della settimana non avranno nome.
Folletto E pensi che se non li chiami per nome non vengano ugualmente?[…]
Gnomo Ma non si potrà tenere il conto degli anni.
Folletto Meglio, così ci spacceremo per giovani anche in età avanzata; e non misurando il tempo trascorso ce ne preoccuperemo di meno, e quando saremo vecchissimi non saremo lì ad aspettare la morte, di giorno in giorno.
Gnomo Ma, in che modo si sono estinti, quei furfanti?
Folletto Alcuni sono morti guerreggiando tra di loro, altri per mare, altri mangiandosi l’un l’altro, molti uccidendosi con le proprie mani, altri marcendo nell’ozio, altri spremendosi il cervello sui libri, altri gozzovigliando e conducendo una vita disordinata. Insomma, le hanno studiate tutte per agire contro la propria natura e per finir male.
Gnomo Tuttavia, non so capacitarmi di come tutta una specie di esseri viventi possa sparire così, d’un tratto.[…] Se è come dici, mi piacerebbe proprio che un paio di loro risuscitasse, per sapere come la prenderebbero a vedere che le cose procedono come prima, benché essi siano scomparsi, mentre credevano che il mondo fosse stato creato apposta per loro. Comunque, si può facilmente immaginare quel che direbbero gli uomini nella loro presunzione, a causa della quale, tra l’altro, s’inabissavano per mille braccia sottoterra e ci derubavano delle nostre ricchezze, dicendo che esse appartenevano al genere umano, e che la natura gliele aveva nascoste e sepolte laggiù per burla, per vedere se le avessero trovate e fossero riusciti a portarle fuori.
Folletto Non c’è da stupirsi, se si pensa che non solo pretendevano che le cose del mondo non avessero altro compito che di stare al loro servizio, ma che tutte, messe a confronto con loro, fossero una bagattella. Così, avevano la presunzione di considerare le proprie storie come le storie del mondo intero. Eppure, quando coi loro cannocchiali si accorgevano di qualche stella o pianeta, la cui esistenza avevano ignorato per migliaia di anni, subito lo etichettavano tra le loro proprietà. Immaginavano infatti che le stelle e i pianeti fossero moccoli di lanterna piantati lassù per far lume a lor signori, che di notte erano tanto indaffarati.
Gnomo Sicché, d’estate, quando vedevano cadere quelle fiammelle che certe notti cadono giù, avranno detto che qualche spirito andava smoccolando le stelle, al loro servizio.
Folletto Ma ora che sono tutti spariti, la terra non sente la loro mancanza, i fiumi seguono il loro corso e il mare, benché non serva più alla navigazione e ai loro traffici, non sembra che si prosciughi.
Gnomo E le stelle e i pianeti sorgono e tramontano come prima, e non vestono a lutto.
Folletto E il sole non s’è intonacato il volto di ruggine[…]
l tema centrale di questa Operetta è quello della scomparsa del genere umano. L’importanza del tragico evento è tuttavia ridimensionata, fino a essere considerata irrilevante, degna persino d’ironia e di riso. Tutto ciò che per gli uomini assume grande importanza e che li fa sentire indispensabili appare in realtà inutile: denaro, giornali, calendari sono accessori del tutto superflui, mentre gli uomini li consideravano così importanti.
L’universo, gli astri, il tempo, le specie viventi non mostrano di aver subito nessuna ripercussione dopo la scomparsa dell’uomo. Tutto procede normalmente come sempre. La derisione della presunzione umana è il vero motivo ispiratore del dialogo: nel fare questo Leopardi tiene presenti modelli settecenteschi (Voltaire) di polemica contro l’antropocentrismo e contro il finalismo cristiano o di altra estrazione culturale.
Tra le manifestazioni della superbia e stupidità umana, emerge la pretesa che il cielo stellato sia tale per illuminare le notti dell’uomo, che le stelle e i pianeti fossero, come dire, moccoli da lanterna piantati lassù nell’alto a uso di far lume alle signorie loro, che la notte avevano gran faccende.
Appaiono rilevanti due passaggi chiave:
Il primo è quello in cui il folletto, con tono tra il serio e l’ironico, individua nelle guerre, nelle navigazioni, nel suicidio, nell’ozio, nello studio, nella vita disordinata e insomma nel ricercare tutte le vie per agire contro la propria natura i motivi che hanno causato l’estinzione del genere umano.
Il secondo lo troviamo nella considerazione conclusiva del Folletto, che descrive la totale indifferenza del sole alle sorti dell’umanità, anticipazione di quell’indifferenza della Natura che apparirà poi chiara nel Dialogo della Natura e di un Islandese, del maggio successivo.
In conclusione si tratta di un dialogo molto attuale. Esso può forse aiutarci a prendere in considerazione con maggiore attenzione le possibili conseguenze dei nostri comportamenti spesso autodistruttivi, come e forse ancor più di quel che si legge nel dialogo. Può aiutarci anche a comprendere, in questo nostro mondo egocentrico, che in fondo siamo così piccoli e irrilevanti, e che dovremmo usare meglio l’unica dote che in qualche modo ci è stata data, cioè l’intelligenza, senza per questo avere la pretesa di essere i padroni assoluti dell’universo.
LEONIA
La città di Leonia rifà se stessa tutti i giorni: ogni mattina la popolazione si risveglia tra lenzuola fresche, si lava con saponette appena sgusciate dall'involucro, indossa vestaglie nuove fiammanti, estrae dal più perfezionato frigorifero barattoli di latta ancora intonsi, ascoltando le ultime filastrocche che dall'ultimo modello d'apparecchio. Sui marciapiedi, avviluppati in tersi sacchi di plastica, i resti di Leonia d'ieri aspettano il carro dello spazzaturaio. Non solo i tubi di dentifricio schiacciati, lampadine fulminate, giornali, contenitori, materiali d'imballaggio, ma anche scaldabagni, enciclopedie, pianoforti, servizi di porcellana: più che dalle cose di ogni giorno che vengono fabbricate vendute comprate, l'opulenza di Leonia si misura dalle cose che ogni giorno vengono buttate via per far posto alle nuove. Tanto che ci si chiede se la vera passione di Leonia sia davvero come dicono il godere delle cose nuove e diverse, o non piuttosto l'espellere, l'allontanare da sé, il mondarsi d'una ricorrente impurità. Certo è che gli spazzaturai sono accolti come angeli, e il loro compito di rimuovere i resti dell'esistenza di ieri è circondato d'un rispetto silenzioso, come un rito che ispira devozione, o forse solo perché una volta buttata via la roba nessuno vuole più averci da pensare. Dove portino ogni giorno il loro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede: fuori dalla città, certo; ma ogni anno la città s'espande, e gli immondezzai devono arretrare più lontano; l'imponenza del gettito aumenta e le cataste s'innalzano, si stratificano, si dispiegano su un perimetro più vasto. Aggiungi che più l'arte di Leonia eccelle nel fabbricare nuovi materiali, più la spazzatura migliora la sua sostanza, resiste al tempo, alle intemperie, a fermentazioni e combustioni. E' una fortezza di rimasugli indistruttibili che circonda Leonia, la sovrasta da ogni lato come un acrocoro di montagne. Il risultato è questo: che più Leonia espelle roba più ne accumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno la città conserva tutta se stessa nella sola forma definitiva: quella delle spazzature d'ieri che s'ammucchiano sulle spazzature dell'altro ieri e di tutti i suoi giorni e anni e lustri. Il pattume di Leonia a poco a poco invaderebbe il mondo, se sullo sterminato immondezzaio non stessero premendo, al di là dell'estremo crinale, immondezzai d'altre città, che anch'esse respingono lontano da sé le montagne di rifiuti. Forse il mondo intero, oltre i confini di Leonia, è ricoperto da crateri di spazzatura, ognuno con al centro una metropoli in eruzione ininterrotta. I confini tra le città estranee e nemiche sono bastioni infetti in cui i detriti dell'una e dell'altra si puntellano a vicenda, si sovrastano, si mescolano. Più ne cresce l'altezza, più incombe il pericolo delle frane: basta che un barattolo, un vecchio pneumatico, un fiasco spagliato rotoli dalla parte di Leonia e una valanga di scarpe spaiate, calendari d'anni trascorsi, fiori secchi sommergerà la città nel proprio passato che invano tentava di respingere, mescolato con quello delle altre città limitrofe, finalmente monde: un cataclisma spianerà la sordida catena montuosa, cancellerà ogni traccia della metropoli sempre vestita a nuovo. Già dalle città vicine sono pronti coi rulli compressori per spianare il suolo, estendersi nel nuovo territorio, ingrandire se stesse, allontanare i nuovi immondezzai.
Nel suo Libro Non c’è più tempo, il climatologo e geografo Luca Mercalli sottolinea che siamo un pezzo di natura, lo dice la scienza ecologica, e se la natura si degrada anche noi facciamo la stessa fine. Partiamo da dove posiamo i nostri piedi. Ogni secondo in Italia spariscono sotto cemento e asfalto 2 metri quadrati di suolo. Eppure il suolo è la nostra assicurazione sul futuro, per produrre cibo, per filtrare l'acqua, proteggerci dalle alluvioni, immagazzinare CO2. La sua perdita irreversibile è un grave danno per noi […]. Tanto più in epoca di riscaldamento globale […] con alluvioni, siccità, ritiro dei ghiacciai e aumento dei livelli marini.
Eppure ci sono molti modi per risparmiare energia evitando di aggravare l'inquinamento atmosferico o per non sprecare inutilmente le risorse naturali che scarseggiano mettendo a rischio il futuro.
Mercalli nel libro dà voce alla Terra immaginando che scriva una Lettera al genere umano.
Duecentomila anni fa siete comparsi voi, autonominati Homo sapiens, ora siete diventati tantissimi, formicolate in sette miliardi e mezzo sulla mia pelle, mi pungete con trivelle per succhiarmi olio che io avevo sigillato in innocue vesciche, scavate gallerie per estrarmi preziosi elementi che poi buttate come rifiuti disperdendoli per sempre e avvelenandovi da soli, abbattete le foreste che mi coprono di una verde peluria, esaurite i pesci degli oceani e sterminate le creature della mia biosfera che ci ha messo tre miliardi di anni per evolversi; asfaltate, cementate, bruciate, fumate, inquinate qualsiasi cosa passi per le vostre mani, e da un secolo a questa parte sembra non abbiate più alcun rispetto per me, mi succhiate ogni forza e mi intossicate con i vostri gas, cambiate il clima, mi fate venir la febbre che fonde i ghiacci e aumenta il livello dei mari, mi riempite di plastica, una roba che avete inventato voi, senza curarvi di riciclarla come ogni cosa che faccio io. Mai nessuna specie aveva osato tanto e danneggiato così gravemente i miei processi vitali.
Avete cosparso pure la mia orbita con un sacco di ferraglia e Marte mi ha detto preoccupato che avete mandato oggetti anche sulla sua superficie. Ora state esagerando, e alcuni di voi l’hanno capito: avete battezzato Antropocene quest’epoca geologica per via della vostra invasività, ho visto che quindicimila scienziati hanno firmato l’ennesimo appello che ben interpreta la mia sofferenza, avete capito benissimo quali siano i limiti fisici da non superare per non farmi collassare (Johan Rockström dell’Università di Stoccolma li ha pubblicati su riviste scientifiche che però rimangono nei cassetti), avete convocato conferenze per rispettare clima e ambiente, ma nei fatti non siete sulla strada giusta, continuate a inseguire la crescita economica infinita, sapendo che io non sono affatto infinita!
Le vostre televisioni ridono e scherzano mentre io soffoco e vomito: attenti, che un mio scrollone vi spazza via come fuscelli! Ricordatevi che io non ho bisogno di voi, ma voi avete bisogno di me. Un vostro scrittore, François Mauriac, che avete premiato con il Nobel, ha detto: «È inutile per l’uomo conquistare la Luna, se poi finisce per perdere la Terra».
Pensateci! Io che vedo più in là di voi, vi assicuro che per molti anni luce qui attorno non c’è posto migliore per vivere, cercate di conservarlo e di passare ancora qualche centinaio di migliaia d’anni insieme a me. Ogni tanto infatti, quando non vi ammazzate o fate rumore con le vostre macchine, siete anche capaci di belle cose: ascolto con gioia la vostra musica, una novità dopo milioni di anni nei quali avevo udito solo il canto degli uccelli, osservo stupende interpretazioni della mia natura e delle mie stagioni - prima che cambiaste voi il clima - come la Primavera di un certo Botticelli, mi piace quando usate la mia pietra per costruire torri, teatri, templi, e ci sono storie che ascolto volentieri, composte con un metodo tutto vostro, unico a quanto ne so in buona parte di questa galassia, la poesia: mentre giro attorno al sole sorrido leggendo un tal Dante che parla del nostro gran dispensatore di energia come un carro che sbanda su una «strada che mal non seppe carreggiar Fetòn.
Ecco, queste cose di voi mi divertono, e poi siete bravi a scoprire le leggi fisiche che mi fanno funzionare, a costruire apparecchi per comunicare lontano e far calcoli complessi, curare la vostra salute, generare energia con il sole senza affumicarmi. Ma accidenti, usatela bene questa conoscenza! È il vostro jolly: o saprete sbarazzarvi della stupidità, dell’arroganza, dell’indifferenza verso di me, e con un grande scatto evolutivo culturale farete della vostra civiltà un membro sostenibile del mio ambiente, oppure - l’ha scoperto uno di voi che si chiamava Darwin - l’evoluzione vi eliminerà perché non adatti, e io guarirò presto dalle vostre ferite. Però mi dispiacerebbe che dopo così tanta fatica per avervi fatto emergere falliste così miseramente.
Vostra madre Terra.
Prodotto multimediale realizzato dai ragazzi
Le previsioni dei climatologi dipingono un quadro sempre più vivido del nostro futuro nella costante speranza che ci ispiri a cambiare strada e stile di vita prima che sia troppo tardi.
di KATHLEEN RELLIHAN
Da National GeograPHiC, la Repubblica 23-01-2024
Per prevedere il modo in cui il cambiamento climatico ci esporrà a disastri, rimodellerà l'agricoltura o renderà invivibili alcune regioni, gli scienziati utilizzano modelli computerizzati che anticipano il modo in cui cambierà il mondo. Tuttavia, quando si parla di cambiamenti climatici, le statistiche e le cifre spesso non sono mai potenti come delle foto sconvolgenti di città che sprofondano sotto un mare che s’innalza.
Se un filtro virale di TikTok può sconvolgerci mostrando l’aspetto che potremmo avere nel 2070, le proiezioni di inondazioni e temperature estreme nei luoghi che amiamo - compresi i quartieri in cui viviamo - possono contribuire a sensibilizzare il pubblico sulla crisi climatica?
Il mondo avrà un aspetto diverso se non si farà nulla per affrontare il cambiamento climatico.
Il pianeta è sulla buona strada per un riscaldamento catastrofico, secondo il rapporto delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico del 2023. Le previsioni dei principali esperti climatici del mondo, esaminate dai delegati di quasi 200 Paesi, hanno messo in rilievo che il mondo rischia di superare un pericoloso punto di svolta della temperatura entro i prossimi 10 anni, a meno che le nazioni non abbandonino immediatamente i combustibili fossili. Se i governi continueranno a seguire le politiche attuali, il "budget di carbonio" rimanente sarà azzerato entro il 2030.
Farà molto caldo...
Un terzo della popolazione mondiale potrebbe vivere in un clima simile a quello del Sahara nel giro di soli 50 anni, secondo uno studio pubblicato su PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences) nel 2020. Ciò significa che 3,5 miliardi di persone potrebbero vivere con temperature medie intorno ai 30 gradi centigradi, al di fuori della zona di confort dell'umanità entro il 2070.
"Dobbiamo capire cosa succederà se non facciamo nulla. Ma dobbiamo anche capire cosa significa fare qualcosa, altrimenti avremo solo un gruppo di persone spaventate e paralizzate", afferma K. Hayhoe, astrofisica e climatologa canadese.
Il libro "Il futuro che scegliamo" di Christiana Figueres e Tom Rivett-Carnac, che insieme hanno guidato i negoziati dello storico Accordo di Parigi, ha contribuito a influenzare la visione di Hayhoe sulla possibilità di salvare la Terra da un riscaldamento catastrofico.
I principali architetti dello storico accordo sul clima offrono due versioni diverse di come potrebbe essere il mondo nel 2050. Oltre allo scenario peggiore, il libro offre anche lo scenario migliore: come si presenterebbe la situazione se ci muovessimo verso un mondo che non sarà più caldo di 1,5 °C entro il 2100, un mondo in cui abbiamo dimezzato le emissioni ogni decennio dal 2020.
Il documento dipinge un quadro vivido di come sarebbe vivibile il nostro mondo in futuro se affrontassimo il cambiamento climatico su larga scala, aggiunge Hayhoe: "Quanto sarebbe blu il cielo, quanto sarebbe respirabile la nostra aria, quanto sarebbe pulita la nostra acqua, quanto sarebbero percorribili e verdi le nostre città".
Per proteggere e conservare l’ambiente e il pianeta per il futuro occorre orientare tutte le azioni umane verso la sostenibilità ambientale.
Sono tre le grandi azioni da parte di tutte le nazioni della Terra:
1) La risposta ai cambiamenti del clima
2) La riduzione dell’inquinamento di aria, acqua, terra
3) Il rispetto degli ecosistemi e la difesa della biodiversità
La modifica del modello di sviluppo a livello planetario con la rinuncia ai combustibili fossili e l’investimento nell’economia «verde» in tutti i settori;
La riduzione dei consumi e una vita più sostenibile da parte nostra nei Paesi più avanzati.
Il mutamento di paradigma è fondato sulla consapevolezza che la tendenza prometeica deve declinare in una coscienza della custodia planetaria che cancelli la rapacità del dominio ed esprima la responsabilità come investitura che viene dalle generazioni.
La lettura di un nuovo umanesimo deve esprimersi in un’etica per la Terra finalizzata ad una coscientizzazione secondo cui portiamo l’ascesa della natura via via che esprimiamo la nostra umanità, attuandola come cura, e non come sottomissione .
cit. Paola Mancinelli,
Una riflessione sull’Antropocene.
Ricerca di un nuovo paradigma etico planetario